Città degli archivi

Ospizio dei vecchi settuagenari di S. Giuseppe

Sede:

Bologna, 1642 - 1864

Date di esistenza:

  • 1642 - 1864

Intestazioni:

  • Ospizio dei vecchi settuagenari di S. Giuseppe, Bologna, (1853 - 1864)
  • Ospizio dei preti e vecchi settuagenari poveri, Bologna, (1817 - 1853)
  • Ospizio dei vecchi settuagenari di S. Giuseppe, Bologna, (1642 - 1817)

Altre denominazioni:

  • Ospizio dei preti e vecchi settuagenari poveri, 1817 - 1853
  • Ospizio dei vecchi settuagenari di S. Giuseppe, 1642 - 1817

Descrizione:

L'Ospizio dei vecchi settuagenari fu fondato il 17 agosto 1642, con testamento del nobile bolognese Antonio Bondi che destinò il proprio patrimonio all'erezione di una casa di riposo per anziani non affetti da malattie (n.d.r. Il testamento è conservato presso l'ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA [d'ora in poi ASBo], Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Ospizio vecchi settuagenari, s. II, b. 3, fasc. 5.).
L'amministrazione dell'Ospizio fu affidata all'Arciconfraternita di S. Giuseppe, fondata nel 1576 presso l'omonima chiesa, situata tra via Galliera e via Indipendenza (n.d.r. L'Arciconfraternita fu soppressa nel 1796 per effetto dell'entrata a Bologna delle truppe napoleoniche. Fu ripristinata solo il 13 marzo 1817, per decreto del pio vicario generale Cernetti, sotto l'invocazione di Maria Vergine Addolorata e di S. Giuseppe. Nel 1818 fu aggregata all'Arciconfraternita del Ss. Crocifisso di S. Marcello di Roma. Si veda, a questo proposito, il documento "Domande fatte da S.E. Reverendissima il Sig. Cardinale Arcivescovo, per organo del M. R. Sig. Parroco di San Benedetto al Segretario della Confraternita del SS. Crocifisso, Maria Vergine Addolorata e S. Giuseppe e risposte date da questi alle domande stesse", conservato in ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Ospizio vecchi settuagenari, s. I, b. 93).).
Il Bondi, però, nominò nel proprio testamento anche due usufruttuarie, suor Anna Maria Zanolini e suor Bianca Maria Pazzaglia. L'eredità fu, dunque, resa disponibile solo alla morte dell'ultima usufruttuaria, avvenuta il 15 marzo 1672. Nel frattempo l'Arciconfraternita venne nominata erede anche dal marchese Francesco Ratta, che impose il vincolo di utilizzare il proprio patrimonio per la costruzione dell'ospedale fondato dal Bondi (n.d.r. Il testamento è conservato in ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Ospizio vecchi settuagenari, s. II, b. 3, fasc. 6.):
"Suo herede universale istituisce, e con la propria bocca nomina e vuole che sia la Venerabile Archiconfraternita di San Giuseppe della città di Bologna, con gravezza ingiontali d'erogare tutti li beni hereditarij nella fabrica dell'Hospitale da ergersi in detta Venerabile Archiconfraternita conforme il testo del quondam Illustrissimo Sig. Antonio Bondi".
Grazie all'eredità Ratta, entrata nelle casse dell'Arciconfraternita l'11 settembre 1662, fu aperto un dormitorio in via delle Casette (n.d.r. L'Ospizio dei vecchi settuagenari rimase in quella sede fino al 1884, quando il Comune di Bologna espropriò i locali per la costruzione di via Indipendenza. Gli ospiti furono, quindi, trasferiti provvisoriamente in alcune case di proprietà dell'Orfanotrofio S. Leonardo situate in via S. Vitale (nota:4:G. AZZOLINI, Origini e sviluppi degli istituti di assistenza per invalidi e vecchi nella città di Bologna, in Sette secoli di vita ospedaliera, Bologna, Cappelli, 1960, p. 396).), dove furono accolti i primi tre ospiti (n.d.r. C. BIANCOLI, Origini e vicende dell'Ospizio dei vecchi settuagenari di S. Giuseppe in Bologna, Bologna, Compositori, 1894, pp. 11-12.).
Il primo statuto risale al 1662 e fornisce importanti informazioni relative all'assetto organizzativo dell'istituto (n.d.r. ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Ospizio vecchi settuagenari, s. II, b. 5, fasc. 2.). L'Ospizio era retto e governato da un direttore che era anche priore pro tempore dell'Arciconfraternita. Tutti i provvedimenti che riguardavano le attività dell'opera pia venivano presi da una congregazione, presieduta dal direttore. Vi erano poi diversi officiali con mansioni specifiche, eletti, salvo poche eccezioni, ogni sei mesi:
- quattro amministratori;
- quattro "sindici" perpetui, consiglieri del direttore;
- due visitatori, deputati al conforto degli anziani e al controllo delle attività assistenziali;
- un depositario, addetto all'amministrazione delle rendite patrimoniali;
- un procuratore con funzioni legali;
- un notaio;
- un fattore, preposto alla gestione dei beni rustici.
L'ammissione in istituto era conforme alle disposizioni testamentarie di Antonio Bondi e occorreva, quindi, essere settuagenari bolognesi di sesso maschile, sani, non ammogliati, di buona morale e civile condotta. L'ammissione avveniva attraverso un'estrazione a sorte fra tutti coloro che avevano fatto domanda o erano stati proposti dai congregati. Erano accolti tanti anziani quanti potevano essere mantenuti dalle rendite dell'opera.
Una volta entrata in possesso dell'eredità Bondi, l'Arciconfraternita poté cominciare alcuni lavori di ampliamento dell'ospizio, che negli anni fu mantenuto in vita grazie a numerosi lasciti e donazioni di cittadini bolognesi che seguirono l'esempio dei primi due benefattori.
La soppressione dell'Arciconfraternita di S. Giuseppe, a seguito dell'entrata in città delle truppe napoleoniche, non ebbe grosse ripercussioni sull'amministrazione dell'ospizio, se si escludono la confisca degli ornamenti preziosi dell'oratorio e l'imposizione di nuove tasse. I primi reali rivolgimenti si verificarono nel marzo 1808, quando entrò in vigore il decreto napoleonico in base al quale tutti gli istituti di beneficenza cittadini dovevano essere sottoposti alla Congregazione di carità. Si dispose, infatti, l'accorpamento dell'Ospizio dei vecchi settuagenari con quello dei Preti poveri, ormai in declino (n.d.r. L'Ospizio dei preti poveri era stato istituito nel 1622 su iniziativa di Pompeo Vitali, che aveva lasciato in eredità i propri beni alla Congregazione dei poveri della Regina dei Cieli in Bologna, con l'obbligo di adibire la propria casa a un ricovero per preti bisognosi.).
I due istituti rimasero accorpati anche dopo la soppressione della Congregazione di carità nel 1814 e furono sottoposti alla stessa commissione amministrativa. La fusione, sancita il 22 agosto 1817 da un decreto del cardinale Oppizzoni, rese necessaria una riforma dello statuto (n.d.r. ASBo, IIstituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Ospizio vecchi settuagenari, s. II, b. 5, fasc. 2.) (rimasto immutato dal 1662) che sancì il nuovo assetto dell'opera:
"Art. 1: I Pii stabilimenti Ospitale de' vecchi settuagenari ed Ospizio de' poveri preti vengono perpetuamente uniti, e gl'individui ai medesimi attinenti sono perfettamente parificati fra di essi, ove non sia espressamente disposto in contrario. Il Luogo Pio pertanto porterà il nome in avvenire di Ospizio de' preti e vecchi settuagenari poveri".
Il governo dell'istituto fu affidato a una nuova amministrazione di cinque membri di origine bolognese, tra cui due sacerdoti e tre laici nominati dall'arcivescovo. I sacerdoti presiedevano alle funzioni religiose e alla condotta morale degli assistiti; i laici, invece, avevano incarichi di carattere amministrativo-contabile:
"Uno degli amministratori laici s'incarica delle esazioni, e spese qualunque, e tiene presso di sé la cassa, di cui è responsabile [...] Altro di essi laici resta incaricato dell'amministrazione dei beni tanto urbani che rurali […] Un altro infine attende agli affari legali, alle pendenze qualunque, alla contabilità ed all'archivi".
La fusione dei due istituti perdurò fino al 1853 quando il cardinale Oppizzoni, con suo decreto del 23 aprile, scorporò l'Ospizio dei preti poveri che, una volta ritrovata l'autonomia, tornò nell'antica sede di via Nosadella.
All'indomani dell'annessione dell'Emilia Romagna al Regno di Sardegna, l'amministrazione dell'Ospizio dei vecchi settuagenari fu assunta dalla nuova Congregazione di carità post-unitaria, sotto la quale rimase fino all'emanazione del r.d. 28 agosto 1864 che accorpò l'ospizio al Regio ricovero Vittorio Emanuele II. I cosiddetti "vecchini di San Giuseppe" furono pertanto trasferiti all'interno della struttura di via Albertoni, sede del ricovero. A seguito dell'accorpamento, nel 1873 venne redatto un nuovo statuto nel quale (art. 5) si specificava che l'Ospizio era passato sotto la direzione del Regio ricovero, ma conservava "distinti lo scopo e la speciale natura" e teneva "separate le attività e passività del rispettivo patrimonio" (n.d.r. ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Ospizio vecchi settuagenari, s. II, b. 3, fasc. 4.).
Carlo Biancoli mette, però, in evidenza che tale statuto rimase lettera morta e la completa riorganizzazione degli istituti fu definitivamente confermata soltanto nel 1884, dallo statuto organico del Regio ricovero Vittorio Emanuele II (n.d.r. C. BIANCOLI, Origini e vicende dell'Ospizio dei vecchi settuagenari, cit., p. 75.).

Sulla base del primo statuto del 1662, l'Ospizio dei vecchi settuagenari era retto e governato da un direttore che era anche priore pro tempore dell'Arciconfraternita di S. Giuseppe. Tutti i provvedimenti che riguardavano le attività dell'opera pia venivano presi da una congregazione, presieduta dal direttore.
Vi erano poi diversi officiali con mansioni specifiche, eletti, salvo poche eccezioni, ogni sei mesi:
- quattro amministratori;
- quattro "sindici" perpetui, consiglieri del direttore;
- due visitatori, deputati al conforto degli anziani e al controllo delle attività assistenziali;
- un depositario, addetto all'amministrazione delle rendite patrimoniali;
- un procuratore con funzioni legali;
- un notaio;
- un fattore, preposto alla gestione dei beni rustici.

Assistenza agli anziani.

Legislazione
- decreto del cardinale Oppizzoni del 22 agosto 1817, che sancise la fusione tra l'Ospizio dei vecchi settuagenari e l'Ospizio dei preti poveri;
- decreto del cardinale Oppizzoni del 23 aprile 1853, che scinde l'Ospizio dei vecchi settuagenari dall'Ospizio dei preti poveri;
- regio decreto 28 agosto 1864, che accorpa l'Ospizio dei vecchi settuagenari al Regio ricovero di mendicità Vittorio Emanuele II.

Tipologia:

  • ente di assistenza e beneficenza

Note:

Scheda descrittiva a cura di Chiara Buonfiglioli, Gerardo Gentile e Allegra Paci, redatta nel 2012 nell'ambito del progetto "Una città per gli archivi" promosso dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e dalla Fondazione Cassa di risparmio in Bologna.

Fonti archivistiche:

- ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA [d'ora in poi ASBo], Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Statuti regolamenti notizie storiche diverse.

- ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Ospizio vecchi settuagenari, Serie I-II.

Fonti bibliografiche:

- C. BIANCOLI, Origini e vicende dell'Ospizio dei vecchi settuagenari di S. Giuseppe in Bologna, Bologna, Società tipografica già compositori, 1894.

- C. F. ZANELLI, Origini e vicende del Regio ricovero Vittorio Emanuele II in Bologna, Bologna, Cappelli, 1924.

- M. FANTI, La chiesa e la compagnia dei poveri in Bologna: una istituzione di mutuo soccorso nella società bolognese fra il Cinquecento e il Seicento, Bologna, Edizioni dehoniane, 1977.

- G. AZZOLINI, Origini e sviluppi degli istituti di assistenza per invalidi e vecchi nella città di Bologna, in Sette secoli di vita ospitaliera in Bologna, Bologna, Cappelli, 1960, pp. 385-400.

- Gli archivi delle istituzioni di carità e assistenza attive in Bologna nel Medioevo e nell'età moderna. Atti del IV colloquio Forme e soggetti dell'intervento assistenziale in una città d'antico regime, Bologna, 20-21 gennaio 1984, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1984.

- La città della carità. Guida alle istituzioni assistenziali di Bologna dal XII al XX secolo, a cura di M. CARBONI, M. FORNASARI, M. POLI, Bologna, Costa, 1999.

- V. ZAPPETTI, Filantropi e benefattori per tradizione. Dall'Opera dei Mendicanti del 1563 al moderno Istituto Giovanni XXIII, Bologna, Editrice Compositori, 2002.

Collegamenti:


Redazione e revisione:
  • Redatta in xDams , 22/05/2012 - 09/07/2013