IT-CPA-FT0073-0000219

Atlante alato

1902 - 1903 (date attribuite)
riferimenti biografici

1 singola foto , positivo

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Identificazione

Identificativo scheda IT-CPA-FT0073-0000219
Identificativo gerarchico scheda 00001.00003.00254
Livello di descrizione documento
Titolo Atlante alato (attribuzione del catalogatore)
Data 1902 - 1903 (date attribuite)
ricavata da riferimenti biografici
Consistenza 1 singola foto , positivo
numero di inventario FLP.562
Unità di conservazione scatola 12

Contesto

Responsabilità principali fotografo non identificato (fotografo principale) - attribuzione presunta

Contenuto

Note storiche Il soggetto della fotografia compare anche nel volume Gandhāran Art from Pakistan di Harald Ingholt (1957: 154 e fig. 383), che rivela il numero di registro assegnato al reperto dal museo di Lahore, "58", mutato in seguito nel codice "G-159" come deriva dall'esame dell'immagine della stessa figura di atlante alato presente sul sito internet del museo di Lahore (vedi bibliografia).
La statua proviene dagli scavi effettuati presso il monastero di Nathu, mentre la fotografia compare fra soggetti analoghi mostrati da Pullé al pubblico del Congresso Internazionale di Scienze Storiche di Roma del 1903, per esporre una teoria che oggi difficilmente potrebbe trovare consenso unanime, condensata nel seguente brano: «Assai numerosi sono i soggetti della seguente serie di uomini alati nella posa ricurva, inginocchiati o seduti, in atto di sostenere alcun peso. Sono questi i garuda o suparna, il mitologico popolo degli augelli divini, che hanno il loro progenitore nei Veda. L'arte indiana li rappresenta tuttora nella forma naturale di uccelli, e la traduzione buddhistica specialmente ne tratta con predilezione, in rapporto alle loro lotte coi serpenti o naga. [...] Ma l'arte occidentale ha finito col compiere su questi marmi il processo antropomorfico, e ad essi più nulla rimane della primitiva lor forma all'infuori del simbolo delle ali. Ma ciò che più monta è l'ufficio cui li ha ridotti l'arte medesima: quello cioè di cariatidi o atlanti; e il fatto che le loro teste riproducono perfettamente tipi europei». (1905: 88-89, fig. 27 p. 90).
La convinzione espressa da Pullé riguardo il superamento di un modello iconografico indiano per il tramite di un modello occidentale classico rimanda alle idee dell'epoca sulla fioritura dell'arte del Gandhara come derivazione dei contatti e del gusto occidentale, un processo considerato unilaterale, che nei decenni successivi è stato opportunamente rivisto.
Criteri di organizzazione La stampa è montata su un cartoncino di supporto formato 24x34 cm.
Sul recto della stampa sono presenti i numeri "58" e "0 12" mss. a caratteri fotografici e parzialmente cancellati ad inchiostro, mentre sul verso del cartoncino di supporto sono presenti le iscrizioni mss. "Geneis Ellenistico", "N. 144 B" e "161 Coll. Pullé".

La stampa era conservata all'interno della busta con etichetta recante l'iscrizione dattiloscritta "Cartone III: Ghandara (riconosciute)".
Numero di catalogo assegnato nel corso dell'intervento di catalogazione della fine degli anni Ottanta del Novecento: 161.

Descrizione fisica e riproduzioni digitali

fotografia b/n, gelatina bromuro d'argento/carta, 18x24 cm. , orientamento orizzontale

Fonti e risorse collegate

Bibliografia
  • E. Errington, The Western Discovery of the Art of Gandhāra and the finds of Jamālgarhī, 1987 notaTesi di dottorato, School of Oriental and African Studies
  • F. L. Pullè, Riflessi indiani nell'arte romaica, Roma, Tipografia della Reale Accademia dei Lincei, 1905, volume VII, Atti della Sezione IV: Storia dell'Arte, pp. 57-116
  • H. Ingholt, Gandhāran Art of Pakistan, New York, Pantheon Books, 1957
Risorse web

Condizioni d’uso

Note