IT-CPA-SP00001-0000054

Orfanotrofio S. Leonardo

(ente di assistenza e beneficenza)

1560 - 1864

Istituita a Bologna per effetto di un breve di papa Pio IV datato 27 novembre 1560, l'Opera pia dei mendicanti fu il primo reclusorio per poveri questuanti fondato in Italia. Fervente sostenitore dell'iniziativa fu il cardinale legato Carlo Borromeo, che si fece interprete dei bisogni della città. Le frequenti epidemie e carestie che si erano abbattute sul territorio bolognese nella seconda metà del Cinquecento avevano, infatti, moltiplicato il numero dei mendicanti (…)

Identificazione

Identificativo scheda IT-CPA-SP00001-0000054
Tipologia ente
Qualifica

ente di assistenza e beneficenza

Denominazioni

Orfanotrofio S. Leonardo (date d’uso della denominazione: 1862 - 1864)

Opera pia dei mendicanti (date d’uso della denominazione: 1560 - 1862)

Date di esistenza 1560 - 1864

Descrizione

Storia
Istituita a Bologna per effetto di un breve di papa Pio IV datato 27 novembre 1560, l'Opera pia dei mendicanti fu il primo reclusorio per poveri questuanti fondato in Italia. Fervente sostenitore dell'iniziativa fu il cardinale legato Carlo Borromeo, che si fece interprete dei bisogni della città. Le frequenti epidemie e carestie che si erano abbattute sul territorio bolognese nella seconda metà del Cinquecento avevano, infatti, moltiplicato il numero dei mendicanti lungo le strade e le piazze cittadine, generando non pochi problemi di ordine pubblico. Dunque, come bene mette in risalto Giorgio Azzolini, l'Opera pia dei mendicanti sorse "per finalità che oggi chiameremmo sociali oltre che benefiche" nota 1:G. AZZOLINI, Origini e sviluppi degli istituti di assistenza per invalidi e vecchi nella città di Bologna, in Sette secoli di vita ospitaliera, Bologna, Cappelli, 1960, p. 385.. Lo conferma anche il testo del breve apostolico, che si può leggere in una traduzione dell'epoca eseguita dall'Impressoria Arcivescovile nota 2:Una copia di tale documento (con traduzione a margine) è conservata presso l'ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA [d'ora in poi ASBo], Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Statuti regolamenti notizie storiche diverse, b. 2, fasc. 8. La trascrizione integrale della traduzione si trova anche in G. AZZOLINI, Origini e sviluppi, cit., pp. 387-388; la trascrizione integrale del testo in latino si trova invece in V. ZAPPETTI, Filantropi e benefattori per tradizione, Bologna, Compositori, 2002, pp. 138-140.:

"Havendo fatto esporre alla Santità Sua gli moderni ufficiali dell'Opera dei mendicanti di Bologna, che nella detta città erano cresciuti gli abusi, e mali costumi di quelli che andavano mendicando, che più non si potevano tolerare, concorrendovi un numero infinito di forestieri sotto finzioni di essere stroppiati, di aver tremore di membri, e altre simili infermità, de' quali molti sariano habili à lavorare la terra, e fare diversi esercitii, e per pigrizia vanno continuamente mendicando, allevando gli figliuoli nel medesimo modo, quali si applicano à robbare, e ad ogni altra sorte di vitii à segno che molti finiscano la vita per via di giustizia, e le figliuole (ancor piccole) si danno alla vita meretricia, stando per le stalle, e altri luoghi immondi e altri diversi inconvenienti, che da questi abusi quotidianamente nascono, sopra tutto che da questi ingannatori e falsi poveri vengono raccolte l'elemosine che si doveriano ai veri poveri mendicanti, massime in questi tempi penuriosi.
Quindi è che li suddetti ufficiali supplican la Santità Sua constituirgli una congregatione di cittadini, quali governino quest'Opera, con ordini, e regole opportune, conforme ai bisogni occorrenti. Al che acconsentendo il glorioso S. Carlo Borromeo all'hora Legato, la Santità Sua conferma et approva con la sua apostolica autorità".

Inizialmente l'attività dell'opera pia si limitò all'erogazione di un'elemosina settimanale a tutti i poveri che si raccoglievano nei chiostri dei quattro quartieri cittadini. Fu solo nel 1563 che si cominciò a pianificare una vera e propria opera di accoglienza presso l'ex convento di S. Gregorio, in via Albertoni 15.
Per far fronte al costante aumento dei mendichi, nel 1566 si rese necessario l'acquisto di una casa in via S. Vitale di proprietà del cavalier Roberto Malvezzi. Nella nuova struttura, denominata Casa della pietà, furono trasferiti gli uomini e gli orfani.
Nel 1592, a seguito di una rovinosa carestia che aveva moltiplicato le richieste di ammissione, l'opera pia acquisì anche l'ex monastero di S. Orsola, situato fuori porta S. Vitale, e vi eresse un ospedale destinato all'accoglienza e alla cura dei mendicanti infermi.
Dalla fine del XVI secolo erano, dunque, tre le case di accoglienza gestite dall'Opera pia dei mendicanti:

- la Casa di S. Gregorio, dove venivano accolte le orfane e le giovani non maritate alle quali l'opera si impegnava a procurare una dote;

- la Casa della pietà, dove venivano accolti i mendicanti e gli orfani di sesso maschile;

- l'Ospedale S. Orsola, destinato agli infermi e ai malati cronici respinti dagli altri ospedali.

Dal 1633, presso la Casa di S. Gregorio, furono accolte anche le prostitute, che vennero comunemente chiamate "Negrisole", poiché il loro mantenimento era garantito dall'opera pia fondata su lascito di Ercole Negrisoli e amministrata dall'Opera pia dei mendicanti nota 3:G. CALORI, Un'iniziativa sociale nella Bologna del Cinquecento. L'Opera Mendicanti, Bologna, Azzoguidi, 1972, p. 47..

Nel 1710 all'interno dell'Ospedale S. Orsola fu aperto un manicomio per assistere i pazienti psichiatrici che l'opera pia aveva curato già a partire dalla seconda metà del Seicento, ma il cui numero era a tal punto cresciuto che i luoghi, opportunamente ricavati nella Casa della pietà, non erano più sufficienti ad accoglierli nota 4:I. MORETTI, L'Ospedale Sant'Orsola dalle origini a oggi, in Sette secoli di vita ospitaliera cit., pp. 339-340..

L'amministrazione dell'Opera pia dei mendicanti era in mano a una congregazione di benefattori, presieduta da un rettore che, scelto tra i membri del Reggimento bolognese, svolgeva funzioni di coordinamento e rappresentanza. Lo affiancavano altri due "officiali maggiori": il massaro (chiamato "camerlingo" a partire dallo statuto del 1603), con incarichi contabili attinenti al sostentamento degli assistiti, e il priore, preposto a tutti gli aspetti della vita spirituale. Costoro erano coadiuvati, nella gestione dell'opera, da molti altri ministri con incarichi specifici: custodia delle case, revisione della contabilità, raccolta delle elemosine, ammissione dei questuanti, somministrazione di cure mediche ecc. Già nello statuto del 1563 nota 5:Una copia fotostatica dello statuto è conservata in ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Statuti regolamenti notizie storiche diverse, b. 2, fasc. 9. fu prevista la creazione di una congregazione di gentildonne con lo scopo di "visitare l'hospitale & fare operar le donne, & putte allogiate, tener conto della biancaria s'indicar le guardiane, e generalmente essere soprastante, & haver cura a quanto sapartiene a cura, e governo di donna in simil soggetto & opera".

La rilevanza di questo "pietoso officio" fu formalmente riconosciuta negli statuti del 1574, dove furono anche meglio specificate le mansioni di tale congregazione:

"L'officio della Priora e delle sue compagne sarà di visitare almeno una volta la settimana l'una e l'altra casa de detti poveri, & massime la casa di fuori, nella quale ordinariamente sono le femmine, & quivi diligentemente intendere & informarsi dalli guardiani e dalle guardiane & altri ministri come passino le cose & particolarmente intendere in che modo le femine vivano con religione & costumatamente, & come siano obedienti & sollecite nelle esercitij loro: & vedere come esse stiano, & come si tengano ordinate & nette così nelle camere come nelle persone loro […] E acciò che quivi non si viva otiosamente, procureranno che tutte quelle femmine che sono atte à lavorare di qual si voglia essercitio, lavorino e non stiano in darno".

Per essere accolti nelle case gestite dall'opera pia occorreva essere cittadini bolognesi o abitare in città da non meno di tre anni nota 6:Si vedano a questo proposito gli statuti del 1563, 1574, 1603 e la "Provisione già fatta del modo et ordine da servarsi nello accettare nella Casa de mendicanti i veri poveri mendici" redatta nel 1567 (ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Statuti regolamenti notizie storiche diverse, b. 2)..
Come si legge negli statuti del 1563, ogni quattro mesi (dal 1574 i mesi diventeranno sei) venivano sorteggiati tre "assonti per ciascun quartiero ad accettar, o riffiutar li poveri che domandarono de intrare", vale a dire degli officiali preposti alla selezione delle domande di ammissione. Poiché era facile incorrere nell'errore di ammettere falsi poveri, una volta al mese quattro "riveditori de' poveri accettati" provvedevano a un attento riesame della condizione di mendicità degli ammessi. Qualora rinvenissero un impostore, costui veniva espulso e i suoi beni venivano incamerati dall'opera in qualità di indennizzo.

Per circa un secolo l'Opera dei mendicanti continuò la propria attività senza sostanziali mutamenti. Nel 1670 offriva ancora accoglienza a tutte le tipologie di bisognosi. Una delibera del 21 agosto di quell'anno lo dimostra nota 7:"Atti e decreti di congregazione dal 1660 8 marzo al 1695 11 marzo", c. 20r (ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Opera pia dei Mendicanti poi Orfanotrofio S. Leonardo, s. I, b. 12).:

"Et accioche ogn'uno sia capace della sostanza di sì Sant'Opera si è notato qui la qualità delle persone à quali si dà ricetto.
Si mantengono poveri di ogni stato, cioè putti, e putte orfani, anco di età di due e tre anni; zitelle pericolose dell'onore, huomini e donne mendichi, e stroppiati, che non si possono sostentare, né hanno ricovero, e pericolariano per le strade, infermi d'ogni sorte di mal' incurabile rifiutati dagli altri spedali etiam di mal caduco, e si dà ricetto ancora à figli disubbidienti, pazzi, e à donne inhoneste à castigo, & anche inquisite di stregarie, e questo con grandissimo utile della città, come ne mostra l'esperienza, con assicurare la salvezza di molti, tenendo queste à castigo in carcere formale, finalmente a donne gravide acciò non mandino a male le creature, le quali nate, si mandano à Bastardini e di età di anni trè si ripigliano nell'Opera, e col crescere si gli fanno insegnar le virtù, & arti conforme la loro habilità, & il tutto stà disposto in trè spedali".

Nonostante la volontà, persistente negli amministratori, di dare ricetto a tutti i questuanti nota 8:Una delibera dell'8 marzo 1684, ripropone, con variazioni trascurabili, il medesimo elenco di categorie di beneficati del 1670 ("Atti e decreti di congregazione dal 1660 8 marzo al 1695 11 marzo", c. 54r, ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Opera pia dei Mendicanti poi Orfanotrofio S. Leonardo, s. I, b. 12)., l'8 dicembre 1684 fu deliberato il divieto di vendere immobili per il mantenimento degli assistiti: ciò implicava che, da quel momento in poi, l'opera pia avrebbe ammesso soltanto i bisognosi che era certa di poter mantenere con le rendite del suo patrimonio. Il numero dei beneficati diminuì drasticamente, fino a raggiungere, all'inizio del Settecento, le 300 unità nota 9:Si consideri che, al momento della sua istituzione, l'Opera dei mendicanti accolse 800 questuanti e che, nei momenti di massima fioritura, arrivò ad accoglierne più di un migliaio (G. CALORI, Un'iniziativa sociale, cit., pp. 22-26).. Nel progetto di riforma degli statuti del 1704 si parla, infatti, di "un'urgentissima necessità in cui presentemente si ritrova la medesima Opera, gravata di 300 bocche incirca, e da gravi debiti e senza speranza di riscuotere denari" nota 10:ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Statuti regolamenti notizie storiche diverse, b. 3, fasc. "Riforma dello Statuto e dei ministri della Pia Opera dei Mendicanti …"..
La riforma del 1704 condusse anche a un'importante riorganizzazione amministrativa. Ognuna delle tre case gestite dalla congregazione dell'Opera fu affidata alla direzione di un assonto, che assumeva così funzioni dirigenziali e vigilava sul buon funzionamento della struttura nota 11:ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Statuti regolamenti notizie storiche diverse, b. 3, fasc. "Riforma dello Statuto e dei ministri della Pia Opera dei Mendicanti…".:

"Ma perché riesce impossibile, non che difficile ad una intera Congregazione lo spedire su le prime proposizioni gl'affari appartenenti al buono ed esatto governo di tutti li poveri mendicanti, e perché spesse volte acade, che i negozij medesimi, atteso il loro numero, e varietà richieggono lunga discussione, e per deciderli con solecitudine fa mestieri portarli al corporale ben digeriti e maturati di qui e che si ordina, e si stabilisce, che la Congregazione suddetta comporta come di sopra, si è accennato di uomini al num(ero) di....., rimanga divisa in tre principali Assunterie, quante appunto sono le case, le quali debbonsi governare, e regere, e che a ciascheduna di dette Assunterie si assegni un terzo di quei signori de quali sarà composta l'intera congregazione".

Nel 1726, in occasione del cospicuo lascito testamentario di Matteo Conti, destinato a tutti i poveri della città, si riaccesero le speranze di realizzare l'accoglienza di tutti i questuanti. Gran parte dell'eredità fu, però, attribuita da papa Benedetto XIV al Collegio seminario e la parte restante fu appena sufficiente per costruire nel 1732 una casa di correzione (annessa alla Casa della pietà) per rinchiudervi i minori che avevano commesso reati e che presto furono comunemente conosciuti come "i discoli della pietà" nota 12:Tali informazioni si ricavano da una memoria storica manoscritta, anonima e anepigrafa, datata 1759, conservata in ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Statuti regolamenti notizie storiche diverse, b. 1, fasc. 9..

Uno "Specchio dimostrativo le amministrazioni dell'Opera pia de' mendicanti..." del 1793 nota 13:ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Statuti regolamenti notizie storiche diverse, b. 1, fasc. 11. restituisce un quadro esaustivo delle attività dell'Opera e dimostra come il raggio d'azione di questa fosse andato inevitabilmente restringendosi fino a limitarsi all'accoglienza degli infermi incurabili, dei pazzi, degli orfani di ambo i sessi, dei "discoli della pietà" e delle "donne discole o ree criminalmente".

L'entrata a Bologna delle truppe napoleoniche il 18 giugno 1796 e la conseguente soppressione delle confraternite religiose provocò profondi mutamenti nell'assetto amministrativo dell'Opera pia dei mendicanti a cui venne affidata la gestione di molti ospedali e orfanotrofi cittadini.
Nel 1799 fu annesso all'Ospedale S. Orsola l'Ospedale di S. Giobbe (già Ospedale di S. Maria de' Guarini), specializzato nella cura dei malati di sifilide, nota anche con il nome di "male di S. Job".
Nel 1801 e nel 1814 furono annessi rispettivamente l'Ospedale di S. Lazzaro e la Congregazione della buona morte.
Nel 1809 fu sottoposto all'amministrazione dell'Opera mendicanti l'Orfanotrofio di S. Onofrio, detto "dei putti della Maddalena".
Nello stesso anno fu accorpata all'Opera mendicanti l'Opera per il riscatto degli schiavi nota 14:L'Opera per il riscatto degli schiavi, amministrata dalla Confraternita di S. Maria della neve, ebbe origine nel XVI secolo per raccogliere le elemosine utili al riscatto dei cittadini bolognesi caduti prigionieri dei pirati barbareschi (Cfr. Gli archivi delle istituzioni di carità e assistenza attive in Bologna nel Medioevo e nell'età moderna. Atti del IV colloquio Forme e soggetti dell'intervento assistenziale in una città d'antico regime, Bologna, 20-21 gennaio 1984, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1984, vol. I, pp. 129-131; La città della Carità. Guida alle istituzioni assistenziali di Bologna dal XII al XX secolo, a cura di M. CARBONI - M. FORNASARI - M. POLI, Bologna, Costa, 1999, pp. 133-134)., congiunta all'Opera dei poveri figli raminghi dal 1808 nota 15:L'Opera dei poveri figli raminghi fu fondata nel 1795, su iniziativa del conte Marcantonio Aldo della Badia, per accogliere i bambini abbandonati in strada (La città della Carità. Guida alle istituzioni assistenziali di Bologna dal XII al XX secolo, cit., p. 63)..
Nel 1813 fu la volta dell'Orfanotrofio di S. Bartolomeo che rimase sotto la gestione dell'Opera dei mendicanti fino al 5 giugno 1816 quando, per decreto del cardinale Oppizzoni, tornò autonomo e fu accorpato all'Orfanotrofio de' putti della Maddalena.

I rivolgimenti politici apportati da Napoleone generarono alcune complicazioni anche nella sistemazione degli orfani e delle orfane che alloggiavano nelle case di S. Gregorio e della Pietà. Nel 1798 l'Orfanotrofio maschile fu trasferito nel convento soppresso di S. Leonardo (tra via S. Vitale e vicolo Bolognetti); l'anno successivo le orfane della Casa di S. Gregorio (trasformata, per ordine del Governo, in carcere e centro di accoglienza per i malati di sifilide, i lebbrosi e le prostitute) furono trasferite nei locali del convento soppresso di S. Caterina, in Strada Maggiore, dove rimasero fino al 1813 quando vi furono trasferiti gli orfani di sesso maschile, essendo stato adibito l'ex convento di S. Leonardo a casa d'industria per mendicanti. Le femmine si trasferirono, quindi, nei locali del Conservatorio di S. Marta (in via S. Vitale). Solo nel 1822 gli orfani di entrambi i sessi tornarono nella casa di S. Leonardo, nome con cui l'orfanotrofio cominciò ad essere comunemente conosciuto nota 16:L'ufficializzazione della denominazione "S. Leonardo" fu decretata dalla Congregazione di carità post-unitaria, in una deliberazione del 3 dicembre 1862. Una copia di tale deliberazione è conservata in ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Orfanotrofio S. Leonardo, s. II, b. 3, fasc. 2..

Nel 1808, nella casa di S. Gregorio, liberata dai detenuti, fu fondato, per volontà del Governo italico, un ricovero di mendicità, che prese il nome di Ricovero di S. Gregorio. I decreti del 28 agosto 1808 e del 25 febbraio 1809 sancirono il passaggio di proprietà della struttura di via Albertoni 15 dall'Opera dei mendicanti al Ricovero appena costituito. Tale provvedimento ebbe importanti ricadute sull'assetto delle attività assistenziali dell'opera pia, che da quel momento dedicò la propria cura e attenzione agli infermi dell'Ospedale S. Orsola e agli orfani. Il 1808 fu un anno decisivo anche per l'assetto amministrativo dell'opera, poiché fu sottoposta, insieme agli altri istituti di beneficenza cittadini, alla Congregazione di carità. La soppressione di quest'ultima, avvenuta il 27 aprile 1814 ad opera di Gioacchino Murat, restituì a tutte le opere pie l'autonomia. Esse furono accorpate in quattordici amministrazioni speciali e gli Orfanotrofi dei mendicanti e l'Ospedale di S. Orsola - S. Giobbe furono sottoposti a un'unica commissione.

Fu il decreto Farini del 10 marzo 1860 a separare definitivamente i destini dell'Ospedale di S. Orsola e dell'Orfanotrofio dei mendicanti (ormai conosciuto con il nome di Orfanotrofio S. Leonardo). Il S. Orsola passò sotto l'amministrazione del Corpo amministrativo degli ospedali di Bologna e, privato del manicomio, fu destinato alle malattie croniche, veneree e sordide cutanee. L'Orfanotrofio di S. Leonardo fu affidato, invece, alla nuova Congregazione di carità post-unitaria, sotto la quale rimase fino a quando il r.d. 28 agosto 1864 lo affidò al Regio ricovero di mendicità Vittorio Emanuele II che "dell'Opera dei mendicanti raccolse se non il nome, certamente le tradizioni, lo scopo e la funzione sociale" nota 17:"Cenni storici sull'Orfanotrofio S. Leonardo, già Opera pia dei mendicanti", relazione dattiloscritta di P. Silavani, datata settembre 1924, conservata in ASBo, Istituto di Cura e riposo Giovanni XXIII, Statuti regolamenti notizie storiche diverse, b. 1, fasc. 17..
Luoghi

Bologna (sede, 1560 - 1864)

Funzioni e attività Assistenza a mendicanti, infermi e malati cronici, orfani, prostitute, malati di mente, minori autori di reato.
Quadro giuridico-normativo - breve di papa Pio IV del 27 novembre 1560, relativo all'istituzione dell'ente;

- decreto 5 giugno 1816 del cardinale Oppizzoni, relativo all'accorpamento con l'Orfanotrofio de' putti della Maddalena;

- decreto 10 marzo 1860 del governatore delle Regie province dell'Emilia (noto anche come "decreto Farini"), relativo all'affidamneto dell'Orfanotrofio di S. Leonardo alla nuova Congregazione di carità post-unitaria;

- regio decreto 28 agosto 1864, relativo all'affidamneto dell'Orfanotrofio di S. Leonardo al Regio ricovero di mendicità Vittorio Emanuele II.
Organizzazione interna Secondo quanto si legge negli statuti del 1563 e del 1574, l'amministrazione dell'Opera pia dei mendicanti era in mano a una congregazione di benefattori, presieduta da un rettore che, scelto tra i membri del Reggimento bolognese, svolgeva funzioni di coordinamento e rappresentanza. Lo affiancavano altri due "officiali maggiori":

- il massaro (chiamato "camerlingo" a partire dallo statuto del 1603), con incarichi contabili attinenti al sostentamento degli assistiti;
- il priore, preposto a tutti gli aspetti della vita spirituale.

Costoro erano coadiuvati, nella gestione dell'opera, da altri ministri distinti tra officiali volontari e officiali salariati. Tra gli officiali che prestano servizio, per così dire, volontario, quindi che non ricevono alcuna retribuzione, si ricordano:

- dodici visitatori "per la visita de poveri che si hauranno da accettare nella detta casa";
- quattro "riveditori de poveri accettati";
- quattro "sindici del camerlingo";
- "sindico e procuratore per ragioni dell'Opera";
- due "notari per le Congregazioni";
- un "depositario de denari dell'Opera".

Tra gli officiali retribuiti sotto forma di elemosina o salario si annoverano:

- due capellani ("uno per la casa di fuori e l'altro per quella di dentro");
- due medici, "uno fisico e l'altro chirurgico";
- due "guardiani con due guardiane";
- un "campioniero";
- uno scrivano;
- quattro "espurgatori".

Già dallo statuto del 1563 fu istituita una congregazione di gentildonne che aveva incarichi di sorveglianza delle case in cui erano alloggiate le donne.
A partire dalla riforma statutaria del 1704 ognuna delle tre case gestite dalla Congregazione dell'opera (Casa di S. Gregorio, Casa della pietà, Ospedale S. Orsola) fu affidata alla direzione di un "assonto", che assumeva così funzioni dirigenziali e vigilava sul buon funzionamento della struttura.
Nel 1808, a seguito dei rivolgimenti napoleonici, l'amministrazione dell'Opera pia dei mendicanti fu affidata alla Congregazione di carità.
Nel 1814, a seguito della soppressione della Congregazione di carità ad opera di Gioacchino Murat, gli Orfanotrofi dei mendicanti e l'Ospedale di S. Orsola - S. Giobbe furono sottoposti a un'unica commissione amministrativa.
Per effetto del decreto delle regie province dell'Emilia del 10 marzo 1860, l'Ospedale S. Orsola passò sotto l'amministrazione del Corpo amministrativo degli ospedali di Bologna; l'Orfanotrofio di S. Leonardo (già dei mendicanti) fu affidato, invece, alla nuova Congregazione di carità post-unitaria.
Il r.d. 28 agosto 1864 affidò l'Orfanotrofio S. Leonardo al Regio ricovero di mendicità Vittorio Emanuele II.

Relazioni

Relazione associativa
Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII e annessa opera pia Orfanotrofio S. Leonardo, Bologna, (1989 - 2006) Date di esistenza della relazione: 28 agosto 1864 - 2006

Descrizione della relazione: Il regio decreto 28 agosto 1864 affidò l'Orfanotrofio al Regio ricovero di mendicità Vittorio Emanuele II (poi Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII). L'Orfanotrofio cessò formalmente di funzionare solo nel 2006.

Risorse collegate

Risorse collegate all' ente
Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII (documentazione archivistica (fondo))

Descrizione della relazione: soggetto produttore

(Date di esistenza della relazione: 1995)

Fonti utilizzate per la compilazione della scheda

Fonti archivistiche:

ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA [d'ora in poi ASBo], Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Regolamenti, statuti, notizie storiche diverse.

ASBo, Istituto di cura e riposo Giovanni XXIII, Opera pia dei Mendicanti poi Orfanotrofio S. Leonardo, Serie I-II.

Fonti bibliografiche:

C. F. ZANELLI, Origini e vicende del R. Ricovero Vittorio Emanuele II di Bologna, Bologna, Cappelli, 1924.

G. AZZOLINI, Il Ricovero di Mendicità Vittorio Emanuele II di Bologna, le opere pie annesse e l'ospedale Marcello Malpighi, in «Giornale di gerontologia», 1960, pp. 65-71.

G. AZZOLINI, Origini e sviluppi degli istituti di assistenza per invalidi e vecchi nella città di Bologna, in Sette secoli di vita ospitaliera, Bologna, Cappelli, 1960, pp. 385-400.

I. MORETTI, L'Ospedale Sant'Orsola dalle origini a oggi, in Sette secoli di vita ospitaliera, Bologna, Cappelli, 1960, pp. 333-363.

W. VALLIERI, L. C. Farini e la legge Ospedaliera del 1860, in Sette secoli di vita ospitaliera, Bologna, Cappelli, 1960, pp. 419-430.

G. CALORI, Un'iniziativa sociale nella Bologna del Cinquecento: l'Opera mendicanti, Bologna, Azzoguidi, 1972.

F. GIUSBERTI, Poveri bolognesi, poveri forestieri e poveri inventati: un progetto di "rinchiudimento" nel XVIII secolo, in «Storia urbana», 13 (1980), pp. 31-54.

Gli archivi delle istituzioni di carità e assistenza attive in Bologna nel Medioevo e nell'età moderna. Atti del IV colloquio Forme e soggetti dell'intervento assistenziale in una città d'antico regime, Bologna, 20-21 gennaio 1984, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1984.

Il Sant'Orsola di Bologna, 1592-1992, a cura di R. A. BERNABEO, Bologna, Nuova Alfa, 1992.

La città della Carità. Guida alle istituzioni assistenziali di Bologna dal XII al XX secolo, a cura di M. CARBONI - M. FORNASARI - M. POLI, Bologna, Costa, 1999.

V. ZAPPETTI, Filantropi e benefattori per tradizione. Dall'Opera dei Mendicanti del 1563 al moderno Istituto Giovanni XXIII, Bologna, Compositori, 2002.

Note

Scheda descrittiva a cura di Chiara Buonfiglioli, Gerardo Gentile e Allegra Paci, redatta nel 2012 nell'ambito del progetto "Una città per gli archivi" promosso dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e dalla Fondazione Cassa di risparmio in Bologna.