IT-CPA-SP00001-0000333

Betti, Paolo

09 ottobre 1894 - 13 marzo 1972

Paolo Betti nasce a S. Paolo del Brasile il 9 ottobre 1894, da padre calzolaio e madre operaia tessile. La famiglia si trasferirà a Bologna nel 1901.
Nel 1910, diplomato disegnatore meccanico all'Istituto Tecnico Aldini Valeriani, entra nella Fgsi. Nel 1911 viene trasferito a Roma, e comincia a partecipare alla attività della Federazione giovanile socialista della capitale, intervenendo alle iniziative pubbliche contro la guerra di Libia.
Nel 1914 torna a (…)

Identificazione

Identificativo scheda IT-CPA-SP00001-0000333
Tipologia persona
Denominazione

Betti, Paolo

Date di esistenza 09 ottobre 1894 - 13 marzo 1972

Descrizione

Storia
Paolo Betti nasce a S. Paolo del Brasile il 9 ottobre 1894, da padre calzolaio e madre operaia tessile. La famiglia si trasferirà a Bologna nel 1901.
Nel 1910, diplomato disegnatore meccanico all'Istituto Tecnico Aldini Valeriani, entra nella Fgsi. Nel 1911 viene trasferito a Roma, e comincia a partecipare alla attività della Federazione giovanile socialista della capitale, intervenendo alle iniziative pubbliche contro la guerra di Libia.
Nel 1914 torna a Bologna, ove, sempre all'interno della Fgsi, comincia a diffondere la stampa socialista e ad organizzare iniziative di propaganda contro l'intervento in guerra. Nel 1917-1918 costituisce il deposito bolognese delle pubblicazioni dell'Avanti!. La sua condizione di ferroviere di 3ª categoria viene dallo stato italiano paragonata all'arruolamento nell'esercito: gode infatti (anche perchè nipote maggiore di ava vedova) della militarizzazione che gli permette di proseguire lavoro in ferrovia e attività politica anche durante il conflitto.
Attivista e pacifista, nel 1918, è fermato in occasione di manifestazioni di piazza. Ne consegue la revoca, da parte delle FS, della militarizzazione. Viene così immediatamente arruolato e inviato al reggimento di stanza a Siena.
Nel 1919, rientrato in città, e abbandonata la Federazione giovanile del partito, si schiera con la corrente di sinistra, con la quale aveva già stretto rapporti durante la guerra, in quanto convinto pacifista e schierato contro la posizione neutralista del partito. La sua prima iniziativa da socialista adultoè la campagna per la riappropriazione da parte della sinistra dei vertici dell'Università Popolare Garibaldi, da tempo nelle mani dei riformisti. Si avvicina così alla minoranza comunista, e con lui Ennio Gnudi, futuro sindaco di Bologna, pur per brevissimo tempo.
Il primo maggio 1919 si sposa con Lea Giaccaglia, conosciuta all'interno della Fgsi bolognese. Nello stesso anno, con Ennio Gnudi, entra a far parte del Comitato centrale del sindacato ferrovieri; con tale carica sarà fra gli organizzatori del massiccio sciopero generale ferroviario del 1920, in opposizione al governo Nitti.
In quell'anno a Bologna i socialisti vincono le elezioni amministrative in Comune e Provincia. Il 21 novembre successivo dello stesso anno il municipio viene preso d'assalto dagli squadristi.
La vicenda spacca il partito bolognese: Betti e gli altri, appartenenti alla minoranza comunista accusano i riformisti, guidati da Giulio Zanardi, di incapacità politica nel gestire la vicenda. L'ala riformista del partito aveva infatti caldeggiato lo scioglimento del Consiglio comunale, scelta cui Betti, Gnudi e gli altri comunisti si erano opposti.
Nel 1921 Betti è bordighista: la corrente sarà rappresentata, al Congresso di Livorno, da Gnudi, Tarozzi, Anselmo Marabini e Antonio Graziadei.
Come membro della segreteria e dell'esecutivo provinciale cittadino del Pcd'I Betti si occupa nel 1921 e 1922 di costruire le sezioni della provincia, a Castelmaggiore e Vergato. Nel 1922 in quanto comunista è espulso dallo Sfi. Assieme a Gnudi costituisce così i gruppi di ferrovieri comunisti, della cui direzione sarà membro permanente. Nel 1922 assieme a Gnudi viene delegato al II Congresso Pcd'I a Roma.
Il 5 febbraio 1923 è arrestato per la prima volta a Bologna. Processato a Roma per associazione sediziosa è assolto per insufficienza di prove. Con lui saranno arrestati e processati anche Giuseppe Dozza ed Ennio Gnudi. Nello stesso anno muore il padre.
Dopo breve carcerazione (fino all'ottobre 1923) torna al lavoro, in ferrovia, ma è quasi subito licenziato, a causa della propria attività politica (in base all'applicazione del decreto Torre). Rimane senza lavoro fino al 1924.
Per tutto il 1924 è membro della segreteria provinciale. Alle elezioni del 1924 subisce gravi percosse dai fascisti per essersi astenuto dal voto. Nel giugno dello stesso anno è delegato al Congresso dell'Internazionale comunista a Mosca: in tale occasione si allontana dal bordighismo. Tornato in Italia passa illegalmente la frontiera e viene trattenuto per breve tempo dalla polizia.
Al proprio ritorno da Mosca viene incaricato da Terracini di curare l'esportazione in Russia di limoni e acido citrico per conto della cooperativa fra gli emigrati italiani presenti in Russia. Fra fine del 1924 e inizio del 1925 riceve anche l'incarico di curare per il partito la spedizione del materiale di propaganda. Il 21 gennaio 1925 viene nuovamente arrestato, per complotto contro i poteri dello stato, nell'ambito del grande processo che coinvolgerà anche Grieco, Togliatti e parte della direzione del partito.
Nel luglio dello stesso anno esce grazie ad un'amnistia. Il resto del 1925 lo trascorre a Genova, a coordinare il sindacato comunista dei trasporti. Nel 1926, recatosi a Milano, viene aggregato al Comitato sindacale del partito. Nell'ottobre del 1926 è segretario del partito per la Lombardia.
Il 27 aprile 1927 è arrestato a Milano, e trasferito nel carcere di Brescia, dove resterà per 13 mesi in isolamento. Al termine della carcerazione è condotto a Roma per il processo davanti al Tribunale Speciale, dove sarà condannato a 12 anni di carcere per cospirazione. Dopo la condanna trascorre due anni d'isolamento nel carcere di Portolongone (Isola d'Elba). Nel 1930 a Portolongone riceve da un compagno la notizia della morte della figlia Luce (nata nel 1921), rifugiata in Urss e affidata a Giuseppe Dozza nel 1927.
Da Portolongone verrà poi trasferito, nel 1931, a Castelfranco Emilia, dove per la prima volta non deve subire il carcere duro e può condurre vita comunitaria con i compagni in camerata. Nello stesso anno, sempre a Castelfranco, gli è consentito vedere la moglie, in partenza per il confino.
Nel 1932, con Aldino Bibolotti e Cesare Negarville (che sarà poi destinato a Fossano), è trasferito a Civitavecchia. Nel 1934 esce di prigione.
Rientrato in città riprende l'attività politica. L'anno successivo anche la moglie Lea Giaccaglia rientra dal confino. Suo nuovo compito una volta rientrato in città è curare i rapporti con i socialisti, in base alle nuove direttive dell'IC.
Nel 1935 è nuovamente arrestato, per un solo mese, con l'accusa di avere manoscritto un volantino sindacale. Sarà assolto grazie ad una perizia calligrafica.
Nel 1936 la moglie muore di setticemia. Nel 1939, in seconde nozze, sposa Laura Dozza, sorella di Giuseppe.
Durante la guerra è fra i fondatori del Cln per l'Emilia Romagna, e partecipa alla creazione del Cumer. Dal 1943 è nuovamente membro della segreteria del Pci di Bologa, per conto della quale si occupa della ricostruzione della CdL, collaborando con i socialisti. Riammesso in servizio nelle FS vi rimane con la carica di consigliere generale fino al collocamento in pensione nel 1949.
É membro del Consiglio comunale cominato dal Cln; rieletto consigliere nelle amministrative del 1946 ricoprirà per cinque anni l'incarico di Assessore al personale: in tale veste porta a termine il Regolamento organizzativo dei dipendenti del comune.
Dal 1950, eletto nel Consiglio provinciale, è membro della commissione agraria presso il Comitato federale, ed è Assessore provinciale all'agricoltura. Muore nel 1972.
Luoghi

San Paolo del Brasile (luogo di nascita, 09 ottobre 1894)

Bologna (residenza, 1901-1911)

Roma (residenza, 1911-1914)

Bologna (residenza, 1914-1925)

Genova (residenza, 1925)

Milano (residenza, 1926-1927)

Brescia (carcerazione, 1927-1928)

Portolongone (carcerazione, 1928-1931)

Castelfranco Emilia (carcerazione, 1931-1932)

Civitavecchia (carcerazione, 1932-1934)

Bologna (residenza, 1934-1972)

Bologna (luogo di morte, 13 marzo 1972)

Funzioni e attività ferroviere, partigiano, assessore comunale e provinciale, consigliere comunale e provinciale

Relazioni

Relazione associativa
Partito comunista italiano - PCI. Federazione di Bologna, Bologna, (1943 - 1991) Date di esistenza della relazione: 1921-1972

Descrizione della relazione: Paolo Betti è tra i fondatori della Federazione provinciale del Partito comunista d'Italia (Pcd'I) nel 1921, membro della Segreteria della Federazione bolognese del Partito comunista italiano (Pci) nel corso della guerra di liberazione e fino al 21 aprile 1945, membro della Commissione agraria dal 1950.

Relazione associativa
Comitato di liberazione nazionale Emilia Romagna - CLNER, Bologna, (1943 - 1946) Date di esistenza della relazione: 1943-1946

Descrizione della relazione: Paolo Betti è rappresentante della Federazione provinciale del Partito comunista italiano (Pci) nel Comitato di liberazione nazionale Emilia Romagna (Clner) dal 16 settembre 1943 al 2 agosto 1946.

Relazione associativa
Confederazione generale italiana del lavoro - CGIL. Camera del lavoro di Bologna, Bologna, (1944 - ) Date di esistenza della relazione: 1944

Descrizione della relazione: Paolo Betti prende parte in rappresentanza della Federazione provinciale del Partito comunista italiano (Pci) alla ricostituzione della Camera confederale del lavoro (Ccdl) di Bologna il 10 novembre 1944.

Relazione familiare
Giaccaglia, Lea, insegnante, antifascista, (Ancona 1897 - Bologna 1936) Date di esistenza della relazione: 1919-1936

Descrizione della relazione: Lea Giaccaglia è la moglie di Paolo Betti.

Relazione familiare
Betti, Vero, medico, (Bologna 1924 - ?) Date di esistenza della relazione: 1924 - ?

Descrizione della relazione: Vero Betti è il figlio di Paolo.

Risorse collegate

Risorse collegate alla persona
Paolo Betti (Scheda biografica disponibile su Iperbole. La rete civica di Bologna)

(Date di esistenza della relazione: scheda consultata il 23 giu. 2016)

Fonti utilizzate per la compilazione della scheda

Fonti archivistiche:

- FONDAZIONE GRAMSCI EMILIA-ROMAGNA [d'ora in avanti FGER], Archivio di Paolo Betti e Lea Giaccaglia, Documenti di Paolo Betti;

- FGER, Partito comunista italiano (Pci), Federazione di Bologna, Commissioni, sezioni di lavoro e dipartimenti, Commissione quadri, Autobiografie e rapporto con gli iscritti, Autobiografie di militanti comunisti, n. 97, Betti Paolo.

Fonti bibliografiche:

- L. ARBIZZANI, Betti Paolo, in Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese, 1919-1945, 2 (Dizionario biografico. A-C), a cura di A. ALBERTAZZI - L. ARBIZZANI - N. S. ONOFRI, Bologna, Comune, Istituto per la storia di Bologna, 1985, pp. 234-236;

- S. URSO, Inventario Fondo Betti-Giaccaglia, in «Annali dell'Istituto Gramsci Emilia-Romagna», 1 (1997), pp. 167-170.

Note

Scheda descrittiva a cura di Simona Urso, redatta tra il 1997 e il 1998 e riversata da Salvatore Alongi nel 2016 per la Fondazione Gramsci Emilia-Romagna nell'ambito del progetto "Una città per gli archivi", promosso dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.