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IT-CPA-FT0073-0000155
Figura femminile acefala con bambino
1902 - 1903 (date attribuite)
riferimenti biografici
1 singola foto , positivo
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Identificazione
Identificativo scheda | IT-CPA-FT0073-0000155 |
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Identificativo gerarchico scheda | 00001.00003.00227 |
Livello di descrizione | documento |
Titolo | Figura femminile acefala con bambino (attribuzione del catalogatore) |
Data |
1902 - 1903 (date attribuite)
ricavata da riferimenti biografici |
Consistenza |
1 singola foto , positivo numero di inventario FLP.535 |
Unità di conservazione | scatola 12 |
Contesto
Responsabilità principali | fotografo non identificato (fotografo principale) - attribuzione presunta |
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Storia archivistica | La statua fu registrata nel museo di Lahore con il numero 52, come appare confermato anche da Errington (p. 455). Nel presentarla al pubblico della conferenza tenuta a Roma durante il Congresso Internazionale di Scienze Storiche di Roma, Pullè rivela uno degli autori da cui attinse per costruire l'apparato di conoscenze riferite all'arte buddhista indiana: «La fig. 2 fu tratta pure dal Burgess a conferma della maniera occidentale, e nella foggia e nelle pieghe della veste. È anche questo l'adattamento di una spoglia classica all'anima di un personaggio della leggenda buddhistica, di Hariti; uno dei soggetti più frequentemente trattati, e che al tempo del pellegrino cinese I-tsing stavasi scolpito in tutti i refettori dei monasteri. Ragione per cui si trova riprodotto con tutti i tipi di periodi e di influenze diverse: classica, indiana, iranica. Tal è la figura che più d'ogni altra risponde allo stile delle monete di Kaniska e di Haviska» (fig. 2, pp. 70-71). Il fondatore del Museo Indiano faceva qui riferimento a James Burgess, che incontrò in India durante il suo viaggio (1902-1903) e che tempo prima era stato a capo dell'Archaeological Survey of India, dal 1886 al 1889, nonché autore di numerose pubblicazioni; fu uno dei numerosi studiosi che contribuirono, tramite la loro opera, a fornire l'impostazione usata da Pullè nel concepire l'arte del Gandhāra. Pullè nomina anche il monaco buddhista e viaggiatore cinese Yijing, vissuto nel settimo secolo, che chiama I-Tsing secondo l'uso in voga nel diciannovesimo secolo e di cui aveva senz'altro letto A Record of the Buddhist Religion As Practiced in India and the Malay Archipelago, pubblicato a Oxford nel 1896 nella redazione inglese di J. Takakusu e da cui deriva la nota riferita alla figura di Hariti nel suo intervento congressuale, che risulta una traduzione della pagina 37 del libro del monaco buddhista cinese. |
Contenuto
Note storiche | La statua fu registrata nel museo di Lahore con il numero "52", come appare confermato anche da Errington (1987: 455). Nel presentarla al pubblico della conferenza tenuta a Roma durante il Congresso Internazionale di Scienze Storiche di Roma, Pullé rivela uno degli autori da cui attinse per costruire l'apparato di conoscenze riferite all'arte buddhista indiana: «La fig. 2 fu tratta pure dal Burgess a conferma della maniera occidentale, e nella foggia e nelle pieghe della veste. È anche questo l'adattamento di una spoglia classica all'anima di un personaggio della leggenda buddhistica, di Hariti; uno dei soggetti più frequentemente trattati, e che al tempo del pellegrino cinese I-tsing stavasi scolpito in tutti i refettori dei monasteri. Ragione per cui si trova riprodotto con tutti i tipi di periodi e di influenze diverse: classica, indiana, iranica. Tal è la figura che più d'ogni altra risponde allo stile delle monete di Kaniska e di Haviska» (1905: 70-1 e fig. 2). Il fondatore del Museo Indiano faceva qui riferimento a James Burgess, che incontrò in India durante il suo viaggio (1902-1903) e che tempo prima era stato a capo dell'Archaeological Survey of India, dal 1886 al 1889, nonché autore di numerose pubblicazioni; fu uno dei numerosi studiosi che contribuirono, tramite la loro opera, a fornire l'impostazione usata da Pullé nel concepire l'arte del Gandhāra. Pullé nomina anche il monaco buddhista e viaggiatore cinese Yijing, vissuto nel settimo secolo, che chiama I-Tsing secondo l'uso in voga nel diciannovesimo secolo e di cui aveva senz'altro letto A Record of the Buddhist Religion As Practiced in India and the Malay Archipelago, pubblicato a Oxford nel 1896 nella redazione inglese di J. Takakusu e da cui deriva la nota riferita alla figura di Hariti nel suo intervento congressuale, che risulta una traduzione della pagina 37 del libro del monaco buddhista cinese. |
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Criteri di organizzazione |
La stampa è montata su un cartoncino di supporto formato 24x30 cm. Sul recto della stampa sono presenti i numeri mss. a caratteri fotografici "52" e "1/482" parzialmente cancellati ad inchiostro, mentre sul verso del cartoncino di supporto sono presenti le iscrizioni mss. "N. 144 B" e "75 - Collezione Pullé". La stampa era conservata all'interno della busta con etichetta recante l'iscrizione dattiloscritta "Cartone II: Ghandara - Chadigara". Numero di catalogo assegnato nel corso dell'intervento di catalogazione della fine degli anni Ottanta del Novecento: 75. |
Descrizione fisica e riproduzioni digitali
fotografia b/n, gelatina bromuro d'argento/carta, 18x24 cm. , orientamento verticale |
Fonti e risorse collegate
Bibliografia | |
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